Autore: Avv. Silvia Assennato
La ormai notissima e pluricommentata sentenza del Consiglio di Stato 29 febbraio 2016 n. 842 ha escluso, le indennità c.d. compensatorie dal calcolo dei redditi computabili fra quelli utili all’accesso alle prestazioni regolate da ISEE, conferma che si tratta appunto di indennità destinate ad attenuare una oggettiva situazione di svantaggio.
Probabilmente a causa del clamore mediatico, certamente meritato dalla pronuncia e dai suoi promotori, sembra essere sfuggito ai più un passaggio nella sentenza che – a parere di chi scrive –può costituire un passo nuovo ed ulteriore nella tutela delle persone con disabilità, verso orizzonti finora inesplorati.
Si prende atto per via giudiziaria, ma meglio che mai, che anche i disabili diventano adulti. Ma che conseguenze può avere questo?
Il raggiungimento della maggiore età è nell’argomentato dei giudici amministrativi irrilevante o meglio non tale da giustificare un diverso trattamento rispetto al medesimo disabile minorenne inserito nel nucleo familiare.
Difatti a parità di doveri di assistenza – stabiliti dall’art. 38 Cost. senza limiti di età – non è giustificabile un trattamento profondamente deteriore di persone che sono ugualmente disabili, sulla sola base del millesimo di nascita.
Quanto sopra tanto più considerando che l’incidenza funzionale della disabilità tende ad aumentare e non a diminuire con il progredire dell’età e l’essere nucleo familiare autonomo non necessariamente compensa le decurtazioni che si possono subire – tanto in termini di detrazioni che di accesso ai servizi.
Si tratta di una situazione potenzialmente idonea a cagionare l’aumento dei disagi per quanto riguarda la disabilità nell’età adulta, che non trova giustificazioni nella legislazione vigente.
Quali possono essere le possibili soluzioni, anche in questo caso l’argomentato della sentenza ci viene in aiuto affermando come necessaria un’istruttoria – la cui assenza si imputa alla pubblica amministrazione – per rilevare gli effettivi costi della disabilità.
Si tratta in realtà di un elemento in assenza del quale non può ragionevolmente limitarsi la detraibilità delle spese per assistenza personale, all’ammontare globale dei sussidi erogati dalla PA nel corso dell’anno solare precedente, a meno di non porre in essere comportamenti direttamente od indirettamente discriminatori.
I costi reali della disabilità sono, ma è un parere personale di chi scrive, il tassello mancante nella strutturazione delle politiche sociali, e la loro verifica deve essere il primo passo verso servizi alla persona, tailor-made e auspicabilmente, verso il welfare del futuro.
Silvia Assennato
Avvocato a rotelle, specialista in diritto della sicurezza sociale e della disabilità.
Silvia Assennato è esperta in diritto della sicurezza sociale con particolare riferimento all’assistenza, alla previdenza pubblica e al diritto antidiscriminatorio. Da diversi anni si impegna in qualità di esperta e relatrice in convegni e congressi in materia di ambiente, sicurezza e gestione della privacy. Silvia si è laureata nel 2000 all’Università di Roma “La Sapienza” e successivamente ha conseguito il Master in Diritto ambientale e sviluppo sostenibile presso l’Università “Lumsa” di Roma. È iscritta all’Ordine degli avvocati di Roma ed è abilitata al patrocinio innanzi le magistrature superiori. Parla italiano, inglese, spagnolo, tedesco e francese.
www.assennatoeassociati.it
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